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La capitale si prepara ad aprire le porte di un “palazzo segreto” in occasione di una mostra “segreta”. Il luogo di cui stiamo parlando è Palazzo Bonaparte, un meraviglioso edificio barocco sito in Piazza Venezia, divenuto di proprietà di Generali che ha stretto un sodalizio con Gruppo Arthemisia nell’ambito del progetto Valore Cultura.
Dal 6 ottobre, dunque, le meravigliose sale del piano nobile dell’edificio ospiteranno una delle mostre più attese della nuova stagione romana: stiamo parlando di Impressionisti Segreti, prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia.
L’esposizione può vantare oltre 50 opere di artisti tra cui Monet, Renoir, Cézanne, Pissarro, Sisley, Caillebotte, Morisot, Gonzalès, Gauguin, Signac, Van Rysselberghe e Cross. Si tratta di tesori nascosti al più vasto pubblico (per questo “segreti”), in quanto provenienti da collezioni private raramente accessibili e concessi eccezionalmente e unicamente per questa mostra.
La cura della mostra è affidata a due esperti di fama internazionale: Claire Durand-Ruel, discendente di Paul Durand-Ruel, colui che ridefinì il ruolo del mercante d’arte e primo sostenitore degli impressionisti; e Marianne Mathieu, direttrice scientifica del Musée Marmottan Monet di Parigi.
Impressionisti segreti: la mostra
Impressionisti segreti si presenta come un affascinante viaggio alla scoperta del movimento artistico che ancora oggi, nonostante risalga alla fine dell’Ottocento, rimane il più noto e amato dal grande pubblico. Il motivo è semplice, in quanto le opere prodotte dagli artisti che vollero chiamarsi (quasi loro malgrado) Impressionisti, conservano il loro carico di emozioni e seduzione, dovuto alla suggestiva resa della luce, considerata elemento primario dell’immagine pittorica.
A Parigi, nel 1874, un gruppo di artisti in aperto contrasto con le convenzioni artistiche dell’epoca, allestì la sua prima fatidica mostra in alcuni locali messi a disposizione dal fotografo Félix Nadar, al numero 35 di Boulevard des Capucines a Parigi. Tra loro si ricordano nomi come quelli di Monet, Renoir, Pissarro, Degas, Sisley, Morisot, Guillaumin, Cézanne, sulla scorta di quanto fatto dal capofila Édouard Manet (per quanto assente).
La reazione del pubblico e della critica fu negativa, ma anche grazie al sostegno di estimatori e mercanti d’arte quel particolare stile pittorico è arrivato intatto fino a noi, entrando nel canone. Le caratteristiche così rivoluzionarie sono oramai note a tutti e quasi banali: soggetti provenienti dalla vita di tutti i giorni, un’immagine chiara, luminosa e variopinta, derivante dallo studio attento degli effetti della luce sugli esseri viventi e sulle cose, il tutto reso con una pennellata frammentata che tenta di riprodurre le vibrazioni del pulviscolo atmosferico. Un risultato etereo e fantasmatico, che tuttavia restituisce meglio di tanta arte accademica, considerata “realistica”, la particolare qualità transitoria ed evanescente della realtà.
Tra i soggetti preferiti dagli impressionisti, lontani dalla grandiosità ed epicità dei grandi scenari del passato, ci sono paesaggi come le rive di un fiume in cui si riflette il cielo, la campagna nella sua immediatezza, una scogliera assolata, la vita contadina, il freddo pungente dell’inverno. Ma la novità è quella del momento in cui nasce l’opera: non più successivamente in studio, ma direttamente all’aria aperta. È così che luce, aria, gelo, calore e vita penetrano nei quadri degli artisti.
Tra i soggetti preferiti c’è anche Parigi, all’epoca interessata da un boom industriale imponente: la città diventa sinonimo di modernità, con l’ampliamento a dismisura delle sue arterie stradali e l’edificazione continua di eleganti palazzi. Non mancano dunque nelle tele degli Impressionisti immagini della folla nelle strade o nei viali, il caos cittadino e la sconvolgente trasformazione dello spazio urbano.
Tuttavia non si possono dimenticare i ritratti di Édouard Manet, Berthe Morisot, Pierre-Auguste Renoir ed Eva Gonzalès, che si allontanano dal tumulto per dedicarsi a un universo intimo, fatto di raffigurazioni di familiari o di amici. In particolare Renoir realizzò circa duemila ritratti, costituiti essenzialmente da donne e bambini, ma anche figure anonime osservate in strada o da un balcone.
Quando nel 1886 fu organizzata l’ottava e ultima mostra dei pittori impressionisti, ecco un nuovo movimento artistico pronto a raccoglierne il testimone: il neoimpressionismo di nomi come Georges Seurat e Paul Signac, Théo van Rysselberghe, Henri-Edmond Cross ed Emile Laugé.
La nuova tecnica prevedeva di evitare la mescola di colori sulla tavolozza, per accostarli direttamente sulla tela sotto forma di piccole pennellate. Un fitto tessuto di veloci tocchi isolati, che da vicino lasciano confusi gli osservatori, per ricomporsi alla giusta distanza sulla retina. Meno spontanea e aleatoria, la tecnica scientifica e rigorosa dei neoimpressionisti si adattò ai temi già esplorati dai predecessori, portando a opere in cui la realtà cede al passo alla sua ricostruzione luminosa, quasi un’epifania di luce che origina da un Iperuranio in cui i rapporti tra i colori sono differenti da quelli che conosciamo.
Impressionisti segreti a Roma: date, orari e biglietti
dal 6 ottobre 2019 all’8 marzo 2020
Palazzo Bonaparte – Piazza Venezia 5 (angolo Via del Corso)
Orari:
- da lunedì a venerdì 9.00-19.00
- sabato e domenica 9.00-21.00
Aperture straordinarie
- Venerdì 1 novembre 9.00 – 21.00
- Domenica 8 dicembre 9.00 – 21.00
- Martedì 24 dicembre 9.00 – 15.30
- Mercoledì 25 dicembre 15.30 – 21.00
- Giovedì 26 dicembre 9.00 – 21.00
- Martedì 31 dicembre 9.00 – 15.30
- Mercoledì 1 gennaio 15.30 – 21.00
- Lunedì 6 gennaio 9.00 – 21.00
Biglietti:
- intero 15,00€
- open 17,00€
- ridotto bambini 7,00€
- ridotto normale 14,00€ (con audioguida)
- ridotto gruppi 12,00€
- Gratuito: bambini fino a 4 anni
- aggiungere 1 euro per audioguida
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Palazzo Bonaparte: la storia del “palazzo segreto”
L’edificio è frutto dell’ingegno dell’architetto Giovanni Antonio De Rossi, del quale rappresenta una delle opera più importante. I lavori iniziarono nel 1657 per terminare nel 1677, quindi in epoca barocca, su preciso incarico dei marchesi Giuseppe e Benedetto d’Aste.
Circa 150 anni dopo si rileva un passaggio di proprietà fondamentale, anche per il nome stesso del palazzo: nel 1818 il luogo diviene la dimora di Maria Letizia Ramolino Bonaparte, ovvero la madre del condottiero Napoleone, la quale qui visse fino alla dipartita nel 1836.
Abbellito nel tempo con affreschi, mosaici e statue, Palazzo Bonaparte, nel tempo, è stato sempre utilizzato privatamente e quindi la vista dei suoi tesori è stata preclusa al pubblico. Dal 6 ottobre, quindi, l’eleganza dei suoi interni diverrà un bene di tutti e per tutti, grazie al matrimonio artistico tra Arthemisia e Generali, che ne hanno rilevato la gestione in tempi recenti e hanno lavorato all’adattamento museale dello spazio per dodici mesi.
Duplice lo scopo dell’intervento di restauro: rendere più funzionali gli ambienti, in modo da poter ospitare e valorizzare in modo appropriato mostre d’arte temporanee e, al tempo stesso, sottolineare al meglio tutti gli elementi architettonici e decorativi presenti nella struttura, che comprende anche una serie di uffici.