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Orvieto: cosa vedere in un giorno e dove mangiare

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Orvieto è una città che va vista e goduta con calma, senza fretta. Da chi arriva dal caos visivo, uditivo e olfattivo di Roma è un vero viaggio nella tranquillità di un tipico borgo del centro Italia. Strette stradine medioevali, balconi fioriti, belvedere affacciati sulla valle del Paglia e sulle riposanti colline umbre.

Un buen ritiro a poco meno di due ore auto e circa un’ora e mezza di treno dalla Capitale, dove trascorrere una giornata fuoriporta o un weekend lontani dal caos della metropoli. Scopriamo allora cosa vedere e dove mangiare a Orvieto.

Pozzo di San Patrizio

Pozzo di San Patrizio. Foto di Beatrice Curti

Che si raggiunga Orvieto in treno o in auto, il nostro consiglio è quello di prendere la funicolare che dalla stazione ferroviaria (fornita di enorme parcheggio) conduce al centro cittadino. A un prezzo davvero contenuto si arriva direttamente alle porte del borgo e a pochi metri da una delle principali attrazioni di Orvieto, nonché un luogo unico in tutta Italia.

Il Pozzo di San Patrizio è un capolavoro di ingegneria costruito tra il 1527 e il 1537 per volere di papa Clemente VII, qui ritiratosi dopo il Sacco di Roma e preoccupato dalla possibilità di un assedio e dalla conseguente difficoltà per un borgo arroccato come Orvieto di procurarsi acqua potabile.

Si tratta di un pozzo profondo 54 metri ideato dall’architetto Antonio da Sangallo, scavando nel tufo di cui è composto lo sperone di roccia su cui sorge la città. Da una bassa struttura esterna di forma cilindrica si scende per una lunga scalinata elicoidale, senza mai incontrare chi sale. Il pozzo è infatti costruito con due rampe a senso unico, pensate per non ostacolare i muli che salivano e scendevano con le gerle ricolme d’acqua.

La discesa in questo luogo è impressionante per la semplicità geniale della struttura, che unisce estetica e funzionalità e non ha altri eguali nel nostro paese. Il nome “pozzo di San Patrizio” è nato nel corso dell’Ottocento, per la similitudine tra la profondità del pozzo rinascimentale con quella delle grotte in cui il santo patrono d’Irlanda si rifugiava in preghiera.

Duomo di Orvieto

Il Duomo di Orvieto. Foto di Beatrice Curti

Camminando per le strette viuzze di Orvieto si scorge di tanto in tanto un mastodontico edificio a fasce bianche e nere. Seguendo la sua ombra si arriva al cospetto della facciata accecante di luce del Duomo, decorata con mosaici dorati, sculture di marmo bianco e guglie appuntite. Un’opera architettonica che lascia sconvolti per la sua bellezza dopo secoli.

Nonostante i mosaici esterni siano rifacimenti ottocenteschi degli originali andati perduti, l’effetto scenico, specialmente durante un luminoso pomeriggio di sole, è incredibile. Varcato l’ingresso ci si trova all’interno, in un’ambiente maestoso, con pilastri in basalto e travertino ad alternare le sei campate, riprendendo il motivo a fasce dell’esterno. All’interno del presbiterio si trova un ciclo di affreschi dedicato alla vita della Vergine, opera di Giovanni di Bonino. Si tratta di uno dei più grandi cicli affrescati del Trecento rimasti in Italia.

Il vero tesoro del Duomo di Orvieto è però la Cappella di San Brizio, affrescata da Luca Signorelli tra il 1499 e il 1502. L’incredibile ciclo di affreschi della cappella raffigura il Giudizio Universale, con scene che divennero celebri già all’epoca, ispirando alcuni anni dopo Michelangelo per l’affresco con lo stesso tema realizzato sulla parete di fondo della Cappella Sistina.

I Dannati, dettaglio del ciclo di affreschi della Cappella di San Brizio

Iniziata da Beato Angelico e completata da Signorelli, la cappella è divisa in scene che raccontano il Giudizio Universale, la Resurrezione della Carne e la divisione tra Beati e Dannati. Queste ultime scene, con i diavoli che tormentano in modi bizzarri e crudeli le anime dei peccatori, sono sicuramente le più suggestive.

I demoni dalla pelle variopinta si distinguono nel brulicare dei corpi nudi dei dannati, ai quali vengono imposti tormenti dal carattere grottesco e spesso con malizia erotica, come la figura della giovane donna bionda portata in volo da un diavolo ghignante. Nel viso di un altro demone intento a portare via una donna si riconosce un autoritratto del Signorelli, e in quello della donna forse un’allusione a una compagna colpevole di averlo tradito, dato che il suo volto compare spesso tra quello delle peccatrici tormentate dai diavoli.

Torre del Moro

Con i suoi 47 metri d’altezza la Torre del Moro domina Orvieto e scandisce da secoli il ritmo della vita e del lavoro in città. Edificata nel 1200, la Torre era pensata sia come punto di osservazione sulla valle circostante, sia come simbolo di potenza per la famiglia nobiliare dei Della Terza. Si trova in un punto strategico per vedere ed essere vista da ogni punto di Orvieto, essendo posta al crocevia dei quartieri storici del borgo: Corsica, Serancia, Olmo e Santa Maria della Stella.

Sulla sommità si trova un orologio, che scandisce le ore insieme due campane. La più piccola ariva dalla Torre di Sant’Anrea, mentre la più grande risale al 1316, fatta fondere dal Capitano del Popolo Poncello Orsini e decorata con le ventiquattro Arti.

Il nome Torre del Moro ha origini incerte. Si dice derivi dal Saracino, o “moro”, una figura che veniva appesa alla torre durante le giostre medioevali, oppure da Raffaele di Sante detto il Moro, che abitava il vicino Palazzo Gualtieri. È possibile salire in cima alla torre e osservare da vicino le campane e soprattutto godere del panorama che si apre davanti a vostri occhi e abbraccia non solo Orvieto, ma tutte le campagne circostanti.

Orvieto sotterranea

Orvieto sorge su uno sperone roccioso di tufo, una pietra che nei secoli ha fornito un ottimo materiale da costruzione, perché durevole, facile da trovare ed estremamente versatile. Questo ha fatto sì, che proprio come Napoli, anche sotto Orvieto vi sia un’immensa rete di cunicoli sotterranei, con più di 1200 cavità artificiali scoperte.

Scavati già in epoca etrusca, i cunicoli portano a cisterne sotterranee, antiche cave di tufo e e pozzi usati nel medioevo come discariche e perciò utilissime per gli archeologi per comprendere la vita del tempo. Fino agli anni Cinquanta, le cave sotterranee venivano usate dagli orvietani come cantine per conservare al fresco e lontano dall’umidità formaggi, salumi e soprattutto il vino. Ancora oggi gli scavi proseguono, mentre sono diventati visitabili gran parte dei cunicoli finora scoperti.

Dove mangiare a Orvieto

Visitare un luogo è immergersi nella sua storia e nella sua cultura, di cui fa parte a pieno titolo anche l’enogastronomia. Dal vino bianco orvietano fino agli umbrichelli al tartufo e alla torta al testo, la cucina orvietana si sposa con quella della terra magnifica in cui si trova, l’Umbria. Con qualche eccezione interessante tipicamente del posto. Ecco alcune idee su dove fermarsi a mangiare dopo una bella gita tra le strade di Orvieto.

Ristorante Numero 63

Un’ottimo posto dove provare la cucina locale, con piatti come gli umbrichelli alla norcina e i tortelli. Il servizio è impeccabile, con personale gentile e disponibile e una location nel cuore del borgo orvietano.

Il giardino da Giovanni

Immerso nel cuore di Orvieto, questo ristorante offre un ambiente accogliente e una cucina tradizionale umbra. Le specialità della casa includono piatti a base di carne e pasta fatta in casa, da gustare nel bellissimo giardino segreto, per un pranzo immersi nella storia e nella natura.

Il Malandrino

Questo ristorante offre una cucina innovativa, proponendo piatti umbri rivisitati in chiave moderna. L’ambiente è elegante e accogliente, ideale per una cena romantica dopo una giornata trascorsa nella meraviglia dell’Umbria. La carta dei vini è ben assortita, con una selezione di etichette locali e nazionali.

Trattoria La Palomba

Storica trattoria segnalata anche dalla Guida Michelin, La Palomba è un’istituzione dal 1965, arrivata oggi alla terza generazione della famiglia Cinti. Tra le specialità spicca la “palomba alla leccarda”, un piatto tipico della zona, oltre alla pasta fatta in casa e agli umbrichelli conditi con i sughi tipici della tradizione orvietana.

Ristorante Da Gregorio

A Morrano Nuovo, sulla strada per arrivare, o lasciare, Orvieto, questo ristorante offre un ambiente familiare e che più tipico non si potrebbe. Non fatevi ingannare dall’insegna un po’ retrò, qui si mangia bene, con una cura particolare ai dettagli e una vista increbile sulla valle e su Orvieto.

I piatti di carne e le paste fatte in casa mantengono il gusto della tradizione negli ingredienti (ragù di cinghiale o di cortile, erbe di stagione e formaggi locali perfettamente amalgamati), ma con un occhio speciale all’innovazione che non sbava mai nel “troppo”.